Il nome di Selinunte deriva dal greco Sèlinon,
termine con cui veniva designato l'appio, sorta di prezzemolo selvatico
che, fiorito, emana un intenso profumo), che cresceva abbondante nella
zona e che compare anche sulle prime monete coniate dalla città.
Fondata da gente proveniente da Megara Hyblaea nel corso del VII sec.
a.C., Selinunte ha vita breve (circa 200 anni di splendore), ma intensa,
forse anche grazie all'azione di un governo accorto dei tiranni che vi
si sono succeduti. La prosperità della città è testimoniata
dall'ampia zona sacrale e pubblica che si estende in tre zone distinte.
Selinunte, alleata a lungo di Cartagine, dalla quale sperava
di ottenere appoggio per contrastare la rivale Segesta, viene infine distrutta
proprio dal cartaginese Annibale nel 409 a.C. che usa mezzi e misure ferocissimi:
sedicimila i morti selinuntini, cinquemila i prigioieri (Diodoro Siculo).
Alla supplica dei superstiti di lasciarli liberi e di risparmiare i templi
della città dietro il pagamento di una forte somma, Annibale accetta,
ma una volta avuto il riscatto in mano, depreda i templi e distrugge le
mura.
Selinunte si rialza a fatica e a stento riesce a reggere
fino alla seconda guerra punica quando viene rasa al suolo.
Disseminati in una zona semi-desertica, dato che il luogo non è più stato abitato, i templi in rovina innalzano ancora al cielo le loro imponenti colonne, e gli edifici, ridotti ad un cumulo di pietre probabilmente a causa di un terremoto, creano un'impressione di estrema desolazione. Le belle metope che ornavano il fregio di alcuni sono esposte al Museo Archeologico di Palermo.
Si distinguono tre zone. La prima, sulla collina orientale, raggruppa
tre grandi templi di cui uno è stato rialzato nel 1957. La seconda,
sulla collina occidentale e cinta da mura, è l'Acropoli,
a nord della quale sorgeva la città vera e propria.
La terza, a ovest dell'Acropoli, oltre il fiume Modione,
era un'altra area sacra con templi e santuari. Dato che non si sa con
certezza a chi i templi fossero dedicati, gli studiosi li hanno contrassegnati
con le lettere dell'alfabeto.
Per completare la visita sarebbe auspicabile una visita alle Cave
di Cusa, da cui provengono i blocchi utilizzati per edificare
i templi.
Partendo dal parcheggio davanti all'entrata per i templi orientali, proseguire
fino al parcheggio successivo. Si estendeva su un'altura, al di là
di una depressione chiamata Gorgo Cottone, dal nome del fiume che un tempo
vi correva e che ospitava, alla foce, il porto della città, poi
interrato. Cinta da mura fin dal Vl-V sec. a.C. seguiva lo schema classico
della città ippodamea, con tre arterie che si incrociavano ad angolo
retto, intersecate a loro volta a 90° da strade più
piccole. Qui sorgevano, oltre agli edifici pubblici e religiosi, alcune
abitazioni delle classi sociali più elevate.
Si costeggia un tratto delle imponenti muri a gradoni che cingevano l'acropoli
a est.
Salendo si scorgono le rovine del tempio A. All'interno, nella parete
d'ingresso al naos, si trovavano due scale a chiocciola, le più
antiche finora conosciute. Le rovine sono però dominate dalle 14
delle 17 colonne del tempio C, rialzate nel 1925. Dedicato probabilmente
ad Apollo o ad Eracle. E' il più antico dei templi di Selinunte
(VI sec. a.C.). Il frontone (decorato da un bassorilievo fittile raffigurante
una testa di gorgone) aveva la particolarità di avere la base più
lunga dei due lati inclinati, cosa che gli conferiva una forma a pagoda
del tutto inusuale. E' da questo tempio che provengono le metope più
belle conservate al Museo Archeologico di Palermo, ove si trova anche
la ricostruzione del frontone. Interessante notare l'evoluzione costruttiva
awenuta proprio durante l'edificazione di questo tempio: le colonne del
lato sud sono ancora monolitiche, mentre le altre sono già a rocchi,
più maneggevoli da trasportare. Sull'acropoli sono stati scoperti
i resti di altri tre templi.